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A cura di Mario Chiapetto

Coimbra, sonho e tradiçao, cujo lente é uma cançao e a lua a faculdade…così cita la più famosa canzone su una città che si identifica a tal punto con la sua Università da esserne diventata sinonimo in Portogallo.

La più antica tra le università del Portogallo e di tutte le sue ex colonie, e fino all’Ottocento anche l’unica (i sudditi dell’Impero coloniale dovevano sobbarcarsi un viaggio fino lì per ottenere la preparazione indispensabile per trasformarsi in classe dirigente, ad esclusione del Brasile già indipendente e dotato di proprie accademie), ancor oggi è riuscita a mantenere alto il suo livello al punto di essere scelta nel 2007 quale università numero uno di tutto il mondo lusofono.

Ho avuto l’onore e il piacere di laurearmi a Coimbra nel luglio 2007, presso la facoltà di Diritto, l’equivalente nostrano di Giurisprudenza. Spero di fornire indicazioni utili per gli eventuali interessati a ripercorre la mia avventura culturale.

Nel giugno del 2003, recandomi presso l’Università, mi sono iscritto all’esame di convalida della mia laurea in giurisprudenza. Pochi documenti sono necessari: oltre a quelli personali, solo la compilazione di un modulo e la copia degli esami sostenuti in Italia, tradotti in portoghese ed asseverati con “apostilla dell’Aja” da un consolato lusitano. Il costo di tale iscrizione era, nel 2003, relativamente moderato, nell’ordine dei 300 euro. Passo successivo è stata la consegna, da parte della segreteria della Facoltà, del programma d’esame, che consiste in sette esami di diritto (costituzionale, civile, i due processuali, penale, amministrativo, commerciale) piuttosto ponderoso, ma non impossibile da affrontare. Tale esame è soprattutto frequentato dai brasiliani in Portogallo, dai figli degli emigrati portoghesi in Francia, da alcuni laureati delle vecchie colonie. Personalmente, sono stato uno dei pochissimi italiani ad averlo richiesto finora. Nella libreria-copisteria dell’Università è possibile acquistare i testi, alcuni dei quali già forniti per estratto in fotocopia (non formalizziamoci troppo sul copyright, sono gli stessi docenti ad autorizzare e diffondere tali estratti…anche se rimane vietata la riproduzione come in ogni altra parte del mondo). I costi dei testi, per chi volesse procurarsi e poi conservare libri originari, sono un poco più bassi dei nostri italiani.

Il Consiglio Scientifico della Facoltà, nell’arco di un mese o poco più, risponde positivamente alla domanda ammettendo all’esame con la condizione dell’esame di equivalenza. Con un mese di anticipo rispetto alle date di esame (di solito in luglio, ottobre e febbraio, ma le date sono condizionate dalla presenza effettiva di candidati) è necessario poi inviare una lettera di richiesta al rettore per poter sostenere l’esame. I moduli e modelli di tali lettere vengono forniti dalla Segreteria della Facoltà, organismo efficiente e pronto a soccorrere le necessità dei discenti.

Nel fatidico giorno dell’esame i candidati, di solito assai pochi (nel mio caso eravamo in tre), sono introdotti in una delle sale del piano nobile, interamente rivestite di azulejos del 1710: fatto questo che rende, anche da un punto di vista formale, assai interessante l’evento. Non sempre nelle Università italiane è più ripercorribile una tale emozione: ricordo le mie sedute di laurea italiane in Giurisprudenza e Scienze Politiche in Torino, svoltesi in ambienti moderni piuttosto anonimi. Fatto curioso è che gli studenti candidati non possono assistere agli esami dei colleghi, a meno che siano già stati esaminati, mentre il pubblico generico sì.

L’esame è di tipo tradizionale, orale, con domande e risposte, assolutamente simile ai nostri esami in Italia. I professori sono corretti ma estremamente esigenti: vengono richieste nozioni molto particolareggiate, quelle che gli studenti riassumono in “mi han chiesto pure le note”. Una difficoltà è data dal fatto che le materie sono sette, e vengono affrontate una di seguito all’altra. I “tribunais”, ovvero le commissioni d’esame, sono solitamente due, riunite in due sale diverse; tali tribunais  devono essere affrontate l’una dopo l’altra, senza alcuna pausa che non sia quella meramente tecnica dello spostamento. L’esame dura incredibilmente tre/quattro ore filate, il che comporta un certo stress, soprattutto per chi non possiede il portoghese quale madre lingua.

Conclusa la fase dell’esame, le due commissioni si riuniscono per velocemente deliberare e subito dopo fanno rientrare i candidati per la proclamazione. La severità rimane una costante. A livello di approccio umano bisogna ammettere che tale severità, espressa anche da un certo distacco dei docenti, viene però ampiamente compensata dalla correttezza formale e sostanziale dei docenti stessi. In una parola, né il pietismo italico nei confronti dello studente, né i favoritismi ingiustificati sui si sono costruite tante “leggende metropolitane” sui professori italiani sono moneta corrente in Coimbra.

A livello di contenuti il diritto portoghese si presenta assai simile a quello italiano, e questo certamente aiuta la comprensione dei testi (do per scontato la conoscenza un minimo approfondita della lingua, perlomeno nell’espressione orale, visto che, come già dicevo, si tratta di esame solo orale). Di sicuro domande d’obbligo sono la comparazione con analoghi istituti italiani; ma lo stesso si può dire per i brasiliani, che dovranno giustificare le differenze col diritto proprio, in primis la differenza basata sullo stato federale. Per esempio ho dovuto rispondere ad una comparazione tra i sistemi politico-istituzionali italo-portoghesi, sul governo, sulla Corte Costituzionale, sul Presidente della Repubblica; in diritto civile sui maggiori istituti quali la rappresentanza, il divorzio, la personalità giuridica; nel diritto commerciale, sulla definizione di impresa commerciale e sul suo trasferimento; e così via. Gli esami processualistici sono invece più basati sulla regolazione propria del sistema portoghese, e il fatto è ben giustificato, vista l’immediata utilità pratica e la sua rilevanza nel mondo del diritto applicato e non quella meramente culturale delle altre materie.

Riassumendo, l’esperienza è certamente positiva, e posso consigliarla ai lusofili laureati in legge. Certamente anche in altri contesti di altre materie ci può essere analoga esperienza, e rimando alle rispettive facoltà per ottenere informazioni in merito.

Per ulteriori informazioni, scrivete pure al mio indirizzo: [email protected]
Università di Coimbra: facoltà di Diritto

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