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| A cura di Giancarlo Perlo |
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3/8/2006 Salvador de Bahia: Itaparica
Sono venuto fino all’isola di Itaparica per sfuggire al calore e alla folla di Salvador. Mangio in un ristorantino più che modesto, dove il padrone, gentilissimo, si dice onorato di avere un cliente italiano e mi tratta come fossi un ambasciatore o un principe. Cita la Loren, Marcello Mastroianni, mi dice di tornare quando voglio, che sarò sempre il benvenuto. Mi allontano con un vago senso di colpa, sapendo che non lo rivedrò mai più.
Trovo un angolo sulla spiaggia, seduto precariamente su una trave di legno. Provo ad osservare le cose così come sono, senza pensare. Mi lascio attraversare dalle immagini e dai colori…
Azzurro rosso giallo delle barche, bianco e marrone della spiaggia, quasi senza colore il mare, azzurre bianche e in tutte le tonalità di grigio le nubi. Verde e ruggine sugli alberi. Rumore dell’acqua, brontolio del battello in partenza dal molo, uccelli, mosche, un cane che abbaia in lontananza, galli che cantano a mezzogiorno, palme con le foglie piegate dal vento. Una mamma insegue il figlio per costringerlo a fare il bagno. Lui piange, ma la lotta dura poco. Viene preso di peso e portato dentro una casupola, proprio sulla spiaggia. Poco dopo un rivolo di acqua e schiuma scivola da sotto i muri precari di legno, verso il mare.
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