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Intervista con Pierino Bonifazio

In occasione della presentazione di un'antologia di Poesie di Mário Quintana nella Fiera del Libro di Porto Alegre 2007.

Pierino BonifazioPierino Bonifazio è un signore sulla sessantina; veste in modo comodo, non vistoso. Uno stile che corrisponde al suo modo di parlare: riflessivo e netto allo stesso tempo. Lo incontro nel giardino di fronte a casa sua, in campagna, alle spalle di un piccolo comune della Riviera di levante (Genova). E' contento di aver "scoperto" Quintana, di averlo tradotto in italiano, di aver pubblicato una antologia delle sue liriche. Non è un professionista - nella vita ha fatto il dirigente industriale - ma sa di aver lavorato professionalmente. E' soddisfatto del risultato. Mentre risponde alle mie domande apre e chiude il libro come se volesse cercare lì il senso della sue risposte. La poesia, mi dice, è come incontrare qualcuno o qualcosa che in un modo essenziale, poetico, spiega i nostri sentimenti.

D. Hai incontrato prima la poesia o Mario Quintana?
R. La poesia. Come tanti, credo. Per il desiderio o la necessità di esprimere cose che avevo dentro. Il mio incontro con la poesia ha un nome. Si chiama Eugenio Montale: "Ossi di seppia".

D. "Ossi di seppia" di Montale è stato tradotto in portoghese e pubblicato in Brasile solo nel 2002. Più di settant'anni dopo la sua pubblicazione da voi, in Italiano.
R. Sì. È proprio grazie alla edizione in portoghese che sono tornato a incontrare Montale, mentre mi trovavo qui a Porto Alegre per lavoro. Curioso no? Montale a 18 anni e poi dopo una lunga pausa - la vita, il lavoro... - di nuovo Montale. E di nuovo l'innamoramento, come la prima volta, con in più il fascino di una nuova lingua, il portoghese. Le traduzioni arricchiscono i testi, possono scoprirne lati segreti.

D. E mentre eri in Brasile hai conosciuto anche Quintana...
R. Sì, ma non la sua poesia. E' andata così: degli amici mi avevano regalato "Ora bolas" di Juarez Fonseca. E' stato il percorso per risalire a lui. "O Mapa" è stata la sua prima poesia che ho letto. Poi è venuto il resto.

D. Di nuovo un amore a prima vista?
R. Sì. In effetti sono uno che si innamora. Mi innamorano le cose semplici. Amo il quotidiano che diventa poesia: il mare, le nuvole, la sabbia, il vento. Montale e Quintana hanno in comune la capacità di restituire poeticamente le sensazioni più semplici. Forse è per questo che mi sono innamorato di loro.

D. Da lettore di Quintana a traduttore di Quintana: è stato difficile?
R. No, difficile no. Direi, piuttosto, laborioso. Tradurre non è solo una questione di parole. Se così fosse basterebbe un buon dizionario. Tradurre è nello stesso tempo questione di parole, di suoni, di significati; di sequenze di parole e sequenze di suoni... Per esempio un certo termine può essere tradotto in italiano in modi diversi. Per scegliere devo guardare al significato ma anche al suono, alla struttura del verso, ad altre parole che compaiono prima e dopo. Il traduttore non è un poeta ma deve tradurre un poeta. Spesso per decidermi tra una versione o un'altra ho intavolato una specie di dialogo con Quintana. Mi chiedevo come lui avrebbe tradotto la parola italiana che io a mia volta avevo scelto per tradurlo.

D. Anche Quintana amava tradurre. Quella del traduttore è stata per molti anni forse la sua attività professionale più importante.
R. Sì. E la cosa che mi ha colpito è che è stato così anche per Montale. Tradurre è uno dei tanti modi per avvicinarsi ad un testo; quello che meglio permette di possederlo. Almeno per me, con Quintana, è stato così. "Tradurre è il miglior modo di leggere un testo.".

D. E ora? Avrà un seguito il tuo incontro con Quintana?
R. Ci sto ancora pensando. Vorrei andar oltre l'antologia. Ci sono due sue opere che mi attirano molto anche se per motivi diversi. Sono "Baú de Espantos" e "Apontamentos de História Sobrenatural". Mi piacerebbe tradurne in italiano almeno una.

D. Se tu incontrassi un amico italiano e ti chiedesse di dirgli così, in due parole, di Quintana, della sua poesia, come te la caveresti?
R. "E' una poesia di orizzonti" gli direi. Sono parole di Quintana! A un amico pittore che voleva regalargli una tela di grosse dimensioni Quintana aveva detto di preferirne una di piccole dimensioni. L'amico si era stupito e allora Quintana gli aveva detto qualcosa come "Sai, io non ho pareti. Ho solo orizzonti!". Quintana è tutto in questa frase...

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