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A cura di Thadeu

 

Nella mia vita professionale ho avuto molte opportunità di aver a che fare con stranieri. Ho sempre cercato di essere recettivo e disponibile, a volte persino un po' didascalico. Ho inteso che alcuni venivano più o meno preparati per comprendere il portoghese, tuttavia, anche per costoro, alcune parole o espressioni potevano diventare dei veri enigmi. I loro dizionari e manuali, così attentamente studiati, non potevano contenere tutto...

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Bem preguiçoso

Forse questa espressione suona strana a uno straniero. Com'è possibile legare queste due parole di orientamento completamente opposto? Il termine "preguiçoso" (in italiano "pigro") si riferisce a un aspetto negativo, la pigrizia. Cosa significa, dunque, quel "bem" che precede "preguiçoso"?

Cerchiamo di dare una spiegazione, fornendo degli esempi tratti dalla lingua parlata nel quotidiano, inserendovi, naturalmente, la traduzione:
-Dormindo até as 11 horas... Você é bem (muito) preguiçoso, hein? (Stavi dormendo fino alle 11… Sei proprio (tanto) pigro, eh?!)

Un altro esempio:
- Bem folgado o seu irmão: pediu emprestada minha camisa, demorou só dois meses para devolver e ainda por cima trouxe ela suja. (Bel tipo, tuo fratello: mi ha chiesto in prestito la camicia e ci ha messo solo due mesi per restituirmela e oltretutto me l'ha pure ritornata sporca).

"Bem folgado" potrebbe essere tradotto con "Muito atrevido", che in italiano suonerebbe come "proprio impertinente/audace/irriguardoso/insolente!" (per non dire di peggio, N.d.T.) oppure "che coraggio!". Ovviamente, nella frase qui presentata, il "solo" è utilizzato in senso ironico. "Ainda por cima" potrebbe essere tradotto in questa frase anche con "tra l'altro", "oltre a ciò" o "come se non bastasse".

Qui è necessario fare una precisazione. In portoghese corretto, quindi non parlato per strada, la frase suonerebbe così:
- Muito atrevido o seu irmão: pediu emprestada minha camisa, demorou dois meses para devolver e além disso trouxe-a suja.
(Traduzione Francesco Della Valle)

 

La parolina Tá

Ecco una parolina molto usata nel nostro quotidiano. Il suo significato riassunto in modo molto sintetico, corrisponde a “ok”. Ma conosciamo meglio questo “tá”.

Ne abbiamo già parlato approssimativamente nel tema “Acquiescenza”. Adesso scendiamo un po’ più nel dettaglio. Nel parlare quotidiano ne troviamo esempio, quando, durante la conversazione, ci troviamo a dire:

- Oggi tocca  a te lavare i piatti, ok? (Hoje é o seu dia de lavar a louça, 'tá?)
- Ok…('Tá...)

Un altro esempio:

- Avevamo deciso  di andare a cena fuori stasera, ma mi tocca lavorare un’ora in più. Andiamo domani, ok? (Eu combinei com você que sairíamos hoje para jantar fora, mas vou ter que fazer hora-extra. Que tal amanhã, então?)
- Ok. (Então tá)

Vediamo adesso come questa piccola parola è apparsa. Una lunga frase si è accorciata fino a diventare meno di una parola. Vediamo:

- Va bene così per voi? ( Assim está bom para você?)
- Si, va bene.( Sim, está bom)

Ma in realtà nessuno parla così. Colloquialmente si dice:

- Va bene così? (Assim 'tá bom procê?)
- Va bene ('Tá bom)

Se, invece, tra le due persone c’è molta confidenza e il discorso non è polemico:

- Ok? (‘ Tá?)
- Ok  (‘ Tá.)

In realtà, nel parlare quotidiano siamo soliti “amputare” una parte del verbo “estar”. Diciamo “ Sono fritto!” ("Tô frito!"), invece di dire “Mi trovo nei pasticci” ("Estou em apuros!") oppure “È fatta” ("Tamos feitos!") invece di “ Siamo fortunati”( "Estamos com sorte!").

Quando c’è il verbo al passato è la stessa cosa. Diciamo “ È andata male, ieri stavo nervoso...”( "Foi mal, ontem eu 'tava nervoso..." ) invece di dire “Scusami, ma ieri ero nervoso…”("Desculpe, ontem eu estava nervoso..."). Allora... tá!
(traduzione di Anna Fodale)

 

Que nem

Questa espressione, di uso corrente e per niente formale, significa "uguale a", "come".

Qualche esempio di uso: "Sta già nuotando che nemmeno un pesce", "I prezzi stanno salendo che nemmeno un razzo", "Qui nel nostro paesino succedono cose che nemmeno in una grande città del primo mondo". Dagli esempi si capisce che questa espressione serve a confrontare due cose, ma sempre con il significato di mostrare la cosa confrontata come anticipata, avanzata, evoluta, precoce.

Forse questa espressione viene da una frase maggiore che nel tempo è stata accorciata (per un processo di elisione). Vediamo gli stessi esempi detti usando la forma lunga (senza elisione): "Sta già nuotando in un modo tale che nemmeno un pesce ci riuscirebbe", "I prezzi stanno salendo in un modo tale che nemmeno un razzo salirebbe", "Qui nel nostro paesino le cose succedono in una maniera tale che nemmeno in una grande città del primo mondo sarebbe possibile".

Facile come sputar di fianco, no?

 

Acquiescenza

In realtà la parola "aquiescer (accondiscendere)" è poco usata e poco nota, nonostante non sia una parola erudita. Accondiscendere significa consentire, approvare, concordare, permettere.

Nella conversazione informale del giorno per giorno, quando ci accordiamo con qualcuno su qualcosa, alla fine dobbiamo esprimere la nostra "acquiescenza" con ciò di cui si è parlato. Le forme più naturali che si possono ascoltare oggi sono: "Allora tauquei (va bene)" ("tauquei " è come si parla, si scrive "está ok, tá ok"). " Allora tá bom" o "Tá bom" (d'accordo). "Tá legal" (va bene) (usato fra pari, molto informale). "Jóia" (Gioia) (usato fra pari, molto informale). "Falou" (L'hai detto) (usato fra pari, molto informale). "Beleza" (Che bello) (usato fra pari, molto informale). "Valeu" (Ne è valsa la pena) (usato fra pari, molto informale e con un senso aggiuntivo di ringraziamento). "Tranquilo" (Tranquillo) (ha un senso aggiuntivo di garantire che quanto concordato sarà realizzato o che si è soddisfatti di quanto concordato o, ancora, che quanto concordato non creerà problemi).

Esempio di dialogo: "Allora restiamo d'accordo così: ti pagherò venerdì, va bene?" "Gioia!"
Va bene?

 

Tomara (Volesse il cielo)

Anticamente, quando si desiderava molto che succedesse una cosa, si diceva: "Oxalá che tu fossi promosso.". Nei romanzi antichi si trova ancora questa espressione che usa la parola "oxalá".

Oggi si usa la parola "tomara" in costruzioni simili: "Tomara (Volesse il cielo) che tu fossi promosso."

Oltre a "Tomara que (Volesse il cielo che)" si possono anche sentire espressioni come: "Vorrei tanto che non piovesse domani,,," a cui l'interlocutore può laconicamente rispondere, manifestandosi d'accordo e con lo stesso desiderio: "tomara... (Lo volesse il cielo...)"

Per lo meno a prima vista questa parola "tomara" non ha alcun altro significato proprio, considerata isolatamente, essendo usata solo con questo significato. Non ha nulla a che vedere col verbo "tomar" (prendere), per esempio. E' usata anche per indicare un capo di vestiario femminile: un tipo di camicetta succinta, di solito di cotone, senza spalline. Proprio a causa dell'assenza di spalline il suo nome è "tomara che cada". Io non ne ho mai visto una cadere...

 

Negócio (Affare)

Nel suo significato originale, questa parola fa riferimento ad una transazione commerciale. Per esempio, quando si fa una vendita si può dire: "oggi abbiamo fatto un buon affare".

La parola può anche essere utilizzata per indicare una area di attività professionale, da cui, ad esempio, si può dire: "i miei affari sono la distribuzione di medicine" [in questo caso in italiano l'uso della parola "affari" è un po' forzato, mentre è comune e normale l'uso di "negócio" in portoghese].

E fin qui nulla di nuovo; ma c'è di più: "negócio", in certo qual modo, è, o è sempre stato dall'inizio e sono io che ero fuorviado, sinonimo di "cosa".

Da qui vengono costruzioni del tipo: "Che affare (negócio) è questo?" quando per esempio qualcuno si trova di fronte a qualcosa di strano, inusitato. Altro esempio: "Attento, c'è un affare (negócio) appiccicoso sul pavimento della cucina..."

Affare interessante, no?

 

La gente

Questa espressione, che può essere sostituita da "noi", si usa molto. Quando usiamo "la gente" invece di "noi" sorgono alcune particolarità nella concordanza del verbo; verificate gli esempi:

- Domani andremo a trovare la zia.
- Domani la gente andrà a trovare la zia.
- Qui siamo tutti amici.
- Qui la gente è tutta amica.
- Vogliamo pizza, molta pizza!
- La gente vuole pizza, molta pizza!

Un errore abbastanza comune è dire ""noi va" o "la gente andiamo", "noi vuole" o "la gente vogliamo". Si sente molto, particolarmente quando si ha a che fare con persone semplici dell'interno o di zone rurali.

D'altra parte, se si parla di concordanza verbale errata... ci sono alcuni adesivi che si vendono molto nei rodei e che si possono vedere sui parabrezza dei camioncini, che in frasi brevi tentano di captare lo spirito dei lavoratori dei rodei. Alcuni esempi:

"Nóis é us mió!" (Nós somos os melhores) ["Noi è il meglio!" (Noi siamo i migliori)]
"Nóis capota mai num breca." (Capotamos mas não freiamos) (Capotiamo ma non freniamo)
"Nóis é us cara." (Nós somos os caras, os sujeitos famosos) (Siamo noi i famosi)

 

Mandar (comandare)

Questa parola, che originalmente significa comandare, ordinare, è anche usata col significato di "inviare".
Esempi di utilizzo: "Tu che vai lontano, non dimenticare di mandare notizie" oppure "Manda il libro per posta".


Trocadilho (gioco di parole)

E' quando si usa una parola con un doppio significato in una costruzione spiritosa. Normalmente i giochi di parole sono difficili da comprendere al di fuori della loro lingua originale.

Esempi di giochi di parole: un mio compagno dei tempi dell'esercito, di nome Quintanilha, era un grande adulatore degli ufficiali. Gli adulatori vengono anche detti "baba-ovos" (letteralmente "sbava-uova"). Bene, per essere sottili, noi lo chiamavamo Quintaovos Babanilha. Un gioco di parole innocente.

Un altro: sapete qual è la differenza fra pantaloni (calças) e stivali (botas)? É che i pantaloni si indossano (bota) e gli stivali si calzano (calça).... un gioco di parole del cavolo (in portoghese c'è qui un ulteriore gioco di parole fra "trocadalho do carilho" e "trocadilho do caralho"... intraducibile in italiano!)

Quando un gioco di parole è particolarmente crudele o di basso livello, di solito viene classificato come "infame".

 

Familiare

Questa parola può significare "appartenente alla famiglia" o "relativo alla famiglia", ma non sempre. Ecco alcuni esempi di utilizzo normale.
"Questa riunione è esclusivamente familiare". Solo persone della famiglia di chi parla possono partecipare alla riunione.
"In questa società non abbiamo l'abitudine di dar lavoro ai familiari dei proprietari". Non si pratica il nepotismo (incredibile!).
"Questo è un albergo familiare". Attenzione: qui c'è una piccola particolarità. Questo albergo non è per incontri di coppie (motel).

Adesso vediamo un utilizzo meno comune.
"Finalmente vedo un volto familiare!" La parola familiare in questo caso significa solo "conosciuto, noto".
"Questa strada comincia a sembrarmi familiare... stiamo arrivando a Rio de Janeiro". Anche qui il significato è "conosciuta, nota".

Questa parola ci è più familiare?

 

Com a corda toda (Con la corda tutta)

Questa espressione ha lo stesso significato di "a tutto vapore".
E' interessante notare che se fosse una frase colloquiale, costruita col tono di una conversazione normale, sarebbe costruita in una sequenza diversa (con tutta la corda).
Altra particolarità: la parola "corda" in questo caso non si riferisce alla corda che si usa per legare cose. Si tratta di un'altra corda: meccanismo di azionamento di sveglie e altri oggetti meccanici semplici, basato su una farfalla e una molla elicoidale.


Vir bem a calhar (Venire proprio a proposito - Come il cacio sui maccheroni)

"Calhar" significa coincidere.
L'espressione si usa quando un evento, senza essere stato pianificato, si verifica in buon accordo con la situazione attuale. Una felice coincidenza.
Esempio di utilizzo di "calhar": "Guarda che fortuna! Si dà il caso che il giorno del mio compleanno cade in un giorno di festa."
Esempio di utilizzo dell'espressione: "Il cambio del gestore è venuto a proposito, non ce la facevo più a sopportare quello che se ne va."

 

Dar cabo

Significa "farla finita", liquidare, eliminare, uccidere.
Esempio di utilizzo: "L'inquilina irritata disse che ancora un giorno e l'avrebbe fatta finita con quel gatto ladro e rumoroso."
Altro esempio: "Giuro che entro la fine dell'anno eliminerò quella confusione nel magazzino."
Potrebbe sembrare che l'espressione abbia qualcosa a che vedere con il verbo "acabar" (finire). Ma non è così. Il participio del verbo "acabar" è "acabado" (finito), e non esiste alcuna forma "cabo" o simile.
L'espressione ha parentela (forse alla lontana) con un'altra che significa "dall'inizio alla fine": da cima a fondo.
Esempio di utilizzo: "ho letto quel libro da cima a fondo in un solo giorno!"

 

Decimare

Questa parola dà l'impressione, a chi la sente, di significare sterminare, eliminare completamente, fulminare. In effetti è stata usata con questo senso; per lo meno, tutte le volte che l'ho sentita, l'interlocutore intendeva esprimere l'idea di sterminio. Ma…
Il fatto reale e storico è che nelle battaglie dell'antichità, quando un esercito usava mezzi sleali contro il nemico, in caso di sconfitta il comandante vincitore puniva i vinti facendogli pagare la decima in vite: uno ogni dieci soldati dell'esercito sconfitto doveva essere giustiziato.
Ma anche in caso di vittoria, se un esercito dimostrava mancanza di coraggio in combattimento, il suo proprio comandante puniva i suoi sottoposti facendogli pagare la decima in vite.
Abbiamo decimato o eliminato il dubbio?

 

Gibi

Originariamente significava monello nero, negretto. Oggi ha perso questo significato.
Nel 1939 cominciò a circolare una rivista a fumetti che si chiamava Gibi. Divenne talmente conosciuta che ancor oggi il termine è usato per indicare una rivista a fumetti.

Tupã

Era il nome con cui gli indigeni in Brasile chiamavano la suprema divinità. Oggi non si usa più, ma se ne mantiene la conoscenza perché fa parte di quello che si impara nelle scuole elementari sui costumi dei nostri indigeni.
Sarà solo una coincidenza che in greco "Theos Pan" era il dio universale?


Guri

Ci sono molti modi per indicare bambino, ragazzo. Questi due sono quelli "ufficiali", accettati in qualunque mezzo o tipo di pubblicazione.
Fra le forme meno ufficiali, ritenute quasi regionalismi o modi di dire, la più diffusa è "guri" (gurì).
Ce ne sono altre. A Manaus (capitale dello Stato dell'Amazzonia) e Belém (capitale dello Stato del Pará) si usa "baré", che è anche la marca di una bibita di guaraná. Si possono udire frasi come questa: "Si è sposata e ha già due "barezinhos" (piccolini).
E ancora. Nel Rio Grande do Sul si usa "piá", che in realtà è un guri un po' più giovane.
A Rio de Janeiro si usa "moleque"; in questo caso c'è un tono spregiativo, perché moleque é il figlio di povero, che gioca scalzo nelle strade. "Moleque" può anche essere una invettiva, se diretto ad un uomo adulto. In questo caso vuole indicare che il suo comportamento è stato irresponsabile e pericoloso.
Bacuri. Questa parola di fatto indica il piccolino del maiale, un maialino da latte. In alcune regioni del Nord Est o all'interno degli stati del Sud Est, ci sono persone che si rivolgono così ai loro figli (in modo affettuoso). Trombadinha. Si chiamano così i minorenni di strada che "si guadagnano la vita" commettendo crimini per le strade, derubando o rapinando, di solito, persone anziane e donne. Una delle loro tattiche è urtare una persona che, mentre è distratta dall'incidente, viene derubata da un altro componente della banda.


Testimone

Questa parola ha lo stesso radicale della parola testicolo.
Il fatto è che nell'antichità (Assiria, Mesopotamia, etc.) era ammessa solo la testimonianza di uomini che, quando in giudizio dichiaravano di dire la verità, ponevano la mano sopra i testicoli per rendere solenne la loro dichiarazione. Da lì il verbo testimoniare.
Nei processi criminali e nelle controversie commerciali di solito non si utilizzavano testimoni, e, quando ciò avveniva, questi dovevano essere almeno due e le loro testimonianze dovevano concordare.
La testimonianza era più utilizzata per confermare la vendita di proprietà e di beni di grande valore.
Oggigiorno anche le donne possono testimoniare, ma, per non trasformare questo fatto in una situazione imbarazzante, l'usanza è stata modificata. La società ha adottato il sistema di far porre la mano su di un libro sacro per rendere solenne la dichiarazione del testimone.

 

Dar piede

Quando si entra in mare o in un fiume o in un lago, si dice che sta "dando piede" (in italiano: "si tocca") quando si può stare in piedi e avere la testa fuori dell'acqua. Quotidianamente, quando si dice che una situazione "dà piede", significa che può essere affrontata abbastanza facilmente.
Si possono sentire frasi così: "A proposito di quel prestito che mi hai chiesto, non darà piede…" (in italiano si direbbe: "… non se ne farà niente…")

Dare nel piede
Una espressione somigliante, ma che non ha niente a che vedere con "dar piede". Significa correre, andarsene immediatamente. Si possono sentire frasi così:"Diamo nel piede, che sta arrivando la polizia!"
(un equivalente in italiano potrebbe essere: "Gambe, che sta arrivando la polizia!")


Baita (Grande).

Regionalismo gaucho. Significa grande, enorme. E' usato fra persone dello stesso livello sociale o intime. E' un modo di parlare popolare.
Esempi di utilizzo: "Il Zé è un grande amico!" o "Maria è una gran donna" o ancora " Ho un grande mal di testa".
Trae origine dall'idioma tupì mbaé-tatá, cosa focosa.
Grande pillola!

Ulteriori informazioni sopra i tupì:

http://www.travelgeo.it/news.asp?623
http://www.travelgeo.it/news.asp?5
http://www.capoeirasdb.it/site.php?show=ueber

 

Cagando…

Quando qualcuno non è per niente interessato a un determinato argomento, né si preoccupa della soluzione di qualche crisi, può dire "Non sono qui per questo" o "Sto cagando e camminando per questo" o, in modo più forte, "Sto cagando un tronco per questo".
(In maniera similare, in italiano: "Nessuno lo caga" = "Nessuno gli presta attenzione").
Altro sinonimo (sulla stessa linea) di "non essere interessato" è "cagar molle". Si può dire, per esempio: "Il mio capo sta cagando molle per quel che io faccio in azienda".

Un altro uso del verbo "cagare": quando una persona non prende decisioni sopra una certa cosa, facendo aspettare gli altri, si può dire che "non caga e non lascia libero il cespuglio". Qui nella regione di Minas c'è molta gente in questa situazione, dal momento che ai "mineiros" di qui piace restare fidanzati all'infinito. Ci sono fidanzamenti che durano da più di 10 anni!

A proposito, chi caga e cammina sono i bovini e i cavalli, che sembrano non dare alcuna importanza al mondo attorno. Che la frase venga da lì?

Non si è detta la cosa più importante. L'espressione "cagare" è volgare e scandalizzante. Le persone educate che necessitano menzionare l'atto di cagare, usano l'espressione "evacuare", socialmente accettata.


Chico

E' il nomignolo con cui si chiama Francesco, così come Chica è il nomignolo con cui si chiama Francesca.
Nella parlata popolare, quando una donna ha le mestruazioni, si dice che "è di Chico".
Uno dei fiumi più importanti del Brasile è il Rio San Francisco, che nasce proprio nel centro di Minas Gerais, scorre verso nord parallelo alla linea della costa (in realtà in direzione NE), attraversa Bahia, dà una svolta a destra e sbocca in mare formando il confine degli stati di Aracajú e di Maceió. Le popolazioni dell'interno, che dipendono da questo fiume per quasi tutto, lo chiamano il Vecchio Chico.

 

Fulano

Quando si vuole far riferimento a persone indeterminate si utilizzano questi "nomi": Fulano, Beltrano e Cicrano (in italiano: Tizio, Caio e Sempronio).
Esempi di utilizzo: "Tizio ha chiamato Caio che ha passato la palla a Sempronio", oppure "Chi era quella Tizia che era con te alla festa?"
Nelle frasi in cui si parla solo di una persona, il "nome" è sempre Fulano (Tizio). Beltrano (Caio) è sempre la seconda persona e Cicrano (Sempronio) la terza.

 

Differenze regionali

Trattando ancora l'argomento delle notevoli differenze regionali che abbiamo in Brasile, vediamo cosa si dice di alcune di loro.

Il carioca (originario di Rio de Janeiro) ha fama di vagabondo, spensierato, disponibile, spassoso. Fama che è diventata addirittura internazionale.
Il paulista (originario di San Paolo) ha fama di persona seria, lavoratrice, poco disponibile.
Il miniero (originario di Minas Gerais) ha fama di avaro, malfidente e taciturno, benché molto ricettivo.
Il baiano (originario di Bahia) ha fama di festaiolo, pigro, ottimo amante ed estremamente disponibile.
Il gaucho (originario del Rio Grande do Sul) ha fama di persona espansiva, loquace, spaccona, di omaccione (o per provocazione dei carioca, effeminato, omosessuale, viado).
Il cearense (originario del Ceará) ha fama di individuo molto disponibile, lavoratore ed imprenditore, attratto dalle sfide. Sono tra i migliori camerieri e cuochi. C'è chi dice che siano stati loro a costruire San Paolo.

Ci sarebbero molte altre regioni di cui parlare, ma correndo il rischio di commettere qualche ingiustizia, riferiamo solo le più citate e commentate. Benché nessuno ami ammettere queste definizioni, trattandosi quasi di un preconcetto, in generale esse non si discostano molto dalla realtà. Ora, che ognuno si difenda, senza per questo dover attaccare…

 

Nas coxas (nelle cosce)

Si tratta di un'espressione quasi volgare utilizzata per qualificare una cosa fatta male, mal rifinita, senza qualità. Ad esempio: "Le condutture della casa continuano a dare problemi di funzionamento, sembrano fatte nas coxas", oppure "Che tipo di ingegnere sei per aver progettato una tale porcheria? Sembra tu abbia preso la laurea nas coxas".

La maggior parte delle persone, per disinformazione, suppone che questa espressione sia di tenore sessuale. Ossia, un figlio fatto tra le cosce, senza penetrazione, senza la volontà di essere generato, un incidente della natura. Interpretazione sbagliata.

Vediamo la vera storia: in epoca imperiale, quando non avevamo né industrie né nient'altro, le tegole delle case venivano fatte sugli schiavi, utilizzando le loro cosce come stampo. Poiché queste dovevano combaciare tra loro, tutte le tegole di una casa dovevano essere fatte su schiavi con cosce simili o da un unico schiavo.

Tuttavia c'era un problema: le tegole di una casa potevano non incastrarsi nel tetto di un'altra, se si fosse resa necessaria una sostituzione. Era uno dei tanti problemi della non standardizzazione. Quando cominciarono ad essere prodotte tegole in serie, le vecchie tegole fatte sulle cosce passarono ad essere sinonimo di cosa fatta male, mal rifinita, senza qualità.

Quanta irriconoscenza verso gli schiavi!

 

Le porte del Brasile

Esistono vari tipi di pronuncia e molti vocaboli di certe regioni sono completamente sconosciuti in altre. Per commentare solamente un caso delle innumerevoli varianti, vediamo come si pronuncia la erre (R) in alcune regioni del paese.Utilizziamo la parola "porta" come esempio a tal fine.

Si ascolti l'archivio "Portas.mp3".

A Rio de Janeiro così come in molte altre regioni si parla come il primo dei quattro esempi.
In molte zone di San Paolo e di Minas Gerais si parla come il secondo dei quattro esempi.
Nelle regioni dell'interno di questi stati alla pronuncia moscia della erre si aggiunge una leggera "i" (poirta), come il terzo dei quattro esempi.
Negli stati del sud del paese la erre è pronunciata come nel quarto esempio.

Ma ci sono altri tipi di erre, questa è in realtà solo una piccola pillola…

 

Quiprocó

Parolina popolare molto usata con il significato di confusione. Un esempio: "La signora Maria ha saputo che suo marito ha un'amante e adesso sta facendo un grande quiprocó in casa loro."

Ma non è sempre stato così. In passato, al tempo delle pharmacias, quando i clienti cercavano qualche rimedio non disponibile, il farmacista ricorreva ad un grosso libro che riportava i possibili sostituti per ogni farmaco o sostanza. Era una cosa del tipo "questo sta per quello". Il nome del libro era in latino, come avveniva all'epoca delle pubblicazioni serie: Quid Pro Quo.

Il processo di ricerca nel "Quid Pro Quo" aveva inizio con la frustrazione di un acquisto rapido, era complesso, lungo ed incomprensibile per i clienti, tanto da trasformarsi in una vera e propria confusione. Inevitabilmente il nome del libro passò a significare qualunque cosa che da semplice degeneri in confusione. Capito il quiprocó?


Calcolare

Il radicale di questa parola deriva dal latino cálculus (pietra). Anticamente per fare i calcoli si utilizzavano pietruzze, sulla base della corrispondenza biunivoca.

Quando una persona soffre di calcoli renali, per esempio, significa che nei suoi reni si sono formate delle pietre, forse agglomerati di sali. I suoi reni non stanno facendo operazioni matematiche; fanno proprio male.

Dallo stesso radicale cálculus deriva la parola calçada (marciapiede) che, per noi brasiliani, significa il selciato laterale di una strada, dove camminano le persone. Curiosamente per la lingua spagnola significa il piano centrale di una strada, dove vanno i veicoli. E' ovvio che l'uso del radicale calculu(m) in questo caso è dovuto al fatto che le strade erano pavimentate con pietre. Non a caso strada in spagnolo si dice calle. Dal francese ci viene la parola caillou (si legge caiú), che significa pietrisco, ghiaia. Pietra (quelle grandi) si dice pierre.

 

Alcuni modi di dire del sud

Esistono alcune frasi ad effetto molto usate praticamente in tutto il Brasile e che ebbero origine nel Rio Grande do Sul. Pochi lo sanno. Nel sud vengono chiamati "adagi". A causa del comportamento del "gaucho" (abitante del Rio Grande do Sul), loquace, senza peli sulla lingua e con l'inclinazione a scioccare le persone, alcuni adagi possono apparire un po' volgari, ma rappresentano una bella istantanea dell'anima gaucha. Eccone alcuni.

Quando qualcuno è molto disorientato, sperduto, si dice: "Mais perdido do que cachorro em dia de mudança" ("Più sperduto di un cane nel giorno del trasloco"). Oppure si dice: "Mais perdido do que cego em tiroteio" ("Più sperduto di un cieco in una sparatoria").

Quando qualcuno è invadente, si "allarga" molto, si dice: "Mais folgado do que colarinho de palhaço" ("Più largo del colletto di un pagliaccio").

Quando qualcuno è "duro" ("al verde"), senza denaro, si dice: "Mais duro do que banco de igreja" ("Più duro della panca di una chiesa").
Quando qualcuno è molto disinformato, "por fora" ("fuori") dalle novità, si dice: "Mais por fora do que bunda de índio" ("Più fuori del sedere di un indio").

Questi detti sono conosciuti in tutto il paese. Ce ne sono altri che restano confinati al sud, forse perché più osceni e scioccanti.

Quando qualcuno è molto calmo, si dice: "Mais quieto do que guri (garoto, come si dice nel sud) cagado" ("Più quieto di un bambino cagato").

Quando qualcuno è molto famoso, si dice: "Mais conhecido do que bibelô de puta" ("Più famoso del ninnolo di una puttana").

Quando qualcuno è molto esoso, si dice: "Pede mais do que filho de cego" ("Chiede più del figlio di un cieco").

Quando qualcuno si è molto profumato, si dice: "Mais cheiroso do que filho de barbeiro" ("Più profumato del figlio del barbiere").

Quando qualcuno se ne sta immobile, o è pigro, si dice: "Mais parado do que água de poço" ("Più fermo dell'acqua del pozzo").

Quando un luogo è molto trascurato, si dice: "Mais abandonado do que estância (fazenda, rancho) de viúva" ("Più abbandonato della fattoria di una vedova").

Quando qualcosa (o qualche persona) è molto appiccicosa, si attacca con facilità si dice: "Gruda mais do que catarro na parede" ("S'incolla più del catarro sulla parete").

Quando qualcosa è molto stretta o aderisce perfettamente a qualcos'altro, si dice: "Mais justo do que boca de bode" ("Più aderente della bocca del caprone").

Quando qualcuno è molto rozzo, maleducato, si dice: "Mais grosso do que papel de embrulhar prego" ("Più rozzo della carta per impacchettare chiodi").

Quando qualcuno è molto felice, allegro, si dice: "Mais feliz do que pinto no lixo" ("Più felice di un pulcino nell'immondizia").

Quando una donna è molto brutta, si dice: "Mais feia do que desastre de trem" ("Più brutta di un incidente ferroviario").

E così via…

 

Terzo (terço)

É una piccola collana di grani usato dalle devote per pregare. Lo portano con se quando vanno in chiesa. Il suo nome deriva dal fatto que è un terzo (terço) del rosario, che è anch'esso una collana di grani usato dalle devote per pregare, ma tre volte più grande, cosa che lo rende inadatto da portare in chiesa.

Il rosario si compone di una serie di 150 grani divisi in 15 gruppi di 10 grani. Ogni gruppo di 10 grani è separato dagli altri da un grano maggiore. C'è anche un crocifisso nel rosario. Ogni gruppo di grani rappresenta una preghiera in commemorazione dei 15 misteri della Madonna. Il primo "terzo" si riferisce ai misteri gaudiosi, il secondo ai misteri dolorosi e il terzo ai misteri gloriosi.

I cinque misteri gloriosi sono: la resurrezione di Cristo; l'ascensione di Cristo; la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli; l'assunzione della Madonna e la sua incoronazione.

 

Panico!

Pan è quel dio della foresta che cerca di castigare i cacciatori che cacciano per sport e tutti coloro che non rispettano la natura. Quando una persona è persa nella foresta e comincia ad ascoltare suoni minacciosi, lei si sente braccata da Pan. Gli scettici dicono che la persona sta udendo cose causate solo dalla paura, che si tratta di una paura infondata, che è una paura di qualcosa che non esiste.

Pertanto, anticamente si diceva che qualsiasi timore senza ragione apparente era una paura di Pan. Si poteva anche dire che era un timore panico. Col tempo, panico, che è appena l'aggettivo del sostantivo timore, passò ad essere utilizzato come sostantivo a se stante... oggi si dice: "Il panico si è impossessato di tutti" o "Egli è in panico".

Perchè non restino dubbi, sarebbe corretto dire: "Un timore panico si è impossessato di tutti" o "Egli è in timore panico". Vai a capirlo!

 

Féretro

Questa parola (ferétro) è usata come sinonimo pomposo di corteo funebre, funerale. Quando muore un poveraccio qualsiasi, si dice che il funerale partirà da una certa chiesa per un certo cimitero. Quando muore un ricco, si dice che il corteo funebre partirà da una certa chiesa per un certo cimitero. Quando muore un'autorità, si dice che il "feretro" (féretro) partirà da una certa chiesa per un certo cimitero. Solo che in questo caso si è trattato di un vero e proprio boomerang. Vediamo.

Uno di questi giorni è morto uno dei nostri ex generali che avevano governato il paese con pugno di ferro, si sono arricchiti e se ne andavano in giro pieni di medaglie sul petto senza aver partecipato a nessuna guerra. Il reporter, per sembrare più chic, si è riferito al corteo funebre del suddetto generale come "féretro".

Accade che "féretro" è una parola che viene dal latino e si riferisce al corteo funebre che i romani facevano portando su un fercolo le spoglie dei generali e governanti vinti delle città conquistate affinchè la popolazione di queste città (e di Roma) potesse vedere chi erano i vincitori e chi erano gli sconfitti. E' stato proprio un bel "féretro".

 

Bastante (Abbastanza)

Siccome la parola si presenta già chiara, "abbastanza" (bastante) è quello che basta e solo quello. Né più né meno.

Accade però che, a causa delle deviazioni di cui la lingua soffre nell'uso quotidiano, questa parola è stata utilizzata col significato di "molto" in costruzioni del tipo "Abbiamo già raccolto "bastante" materiale oggi". Sono stato "bastante" chiaro?

 

Vambora!

Procediamo con ordine. Prima la parola più difficile: "embora". Utilizziamo "embora" in frasi del tipo:
"Vamos viajar, embora esteja chovendo" (Andiamo a fare un viaggio, benché stia piovendo).
In questo caso "embora" potrebbe essere sostituito da "ainda que" (anche se). L'uso di "embora" rende la frase più formale. In entrambi i casi la costruzione della frase risulta più elaborata. Potremmo anche dire (in modo più colloquiale e diretto):
"Está chovendo, mas vamos viajar assim mesmo" (Sta piovendo, ma facciamo un viaggio lo stesso).

Tuttavia la parola "embora" possiede anche un altro significato del tutto diverso dal precedente. Nel parlato antico (inizi del Novecento) quando qualcuno stava per andare via, iniziava a congedarsi dicendo che si era fatta la buon ora di andarsene. Vediamo l'evoluzione del parlato:
"Vamos sair em boa hora" (Ce ne andiamo alla buon ora).
Frase che si è evoluta con l'elisione del verbo:
"Vamos embora" (Andiamo via).
Infine, nella parlata rapida (e confidenziale) si dice: "vam'bora!". Allora va'…

 

Carrara

Non so come questa storia apparirà agli italiani, ma per noi brasiliani la faccenda avvenne in questo modo. C'è un'espressione popolare molto usata quando si vuole dire che un bambino è molto somigliante al padre o alla madre o a qualsiasi altra persona. Suona cosi: "Zezinho é cuspido e escarrado o leiteiro…" ("Zezinho è il lattaio sputato…").

Se non si desidera urtare troppo le persone con un modo di parlare volgare, mantenendo tuttavia la maldicenza, si può dire così: "Zezinho é a caro do leiteiro…" (Zezinho è la faccia del lattaio…").

Bene, torniamo al "cuspido e escarrado". Si dice dalle nostre parti che quando ancora non esisteva la fotografia, i proprietari delle piantagioni di caffé commissionassero sculture dei loro busti da collocare nei loro immensi soggiorni. Si dice anche che il miglior marmo affinché il lavoro dell'artista potesse ritrarre fedelmente l'illustre modello fosse il marmo di Carrara, una città italiana.

Dunque, quando l'opera era terminata, i visitatori giunti per contemplarla, nel notare la somiglianza della scultura con il modello, esclamavano: "Nossa, parece que foi esculpido em Carrara!" ("Caspita, sembra scolpito a Carrara!"). Accadeva che il personale domestico delle cucine, ignorando che Carrara fosse una località e sentendo ad una certa distanza, pensasse di aver udito "cuspido e escarrado", qualcosa di molto più riconoscibile per loro. E da lì…

 

Vira-latas

È questo un modo per definire i cani randagi, senza una razza ben definita. È evidente che il termine si riferisce all'abitudine non molto igienica ma disperata che questi nostri sfortunati compagni hanno, all'alba, di rivoltare i bidoni della spazzatura nelle strade alla ricerca di cibo. Nessuno fa caso ai "vira-latas". Essi vivono come entità invisibili ai nostri occhi. E questo deve ferirli molto, se quando qualcuno guarda negli occhi di uno di loro, questo comincia a seguire la persona per molti isolati.

Bene, in Brasile anche la maggior parte di noi non ha una razza ben definita e vive in condizioni miserevoli, tanto che molti disputano ai randagi il cibo dei bidoni della spazzatura. Questa situazione permette quindi una certa identificazione tra noi e questi simpatici animali.

Ne consegue che si può chiamare qualcuno "vira-latas" per insultarlo oppure, in base all'intimità tra gli interlocutori e alla situazione, "vira-latas" può essere un appellativo "affettuoso", intendendo con questo che la persona in questione non si formalizza molto, è cioè una persona semplice ed affabile.

Sempre nell'ambito canino, utilizziamo "cachorro" (cagnolino) e "cão" (cane) nelle medesime situazioni, anche se "cachorro" è più comunemente usato.

 

Virar (diventare)

Utilizziamo "virar" nel discorso più informale e "tornar-se" in quello più formale. Esempi: "Ele se tornou meu amigo" e "Ele virou meu amigo" ("Egli è diventato mio amico").

"Virar" può anche significare "cambiare lato" o "rovesciare" o ancora "inclinare". Esempi: "O navio virou e depois afundou" ("La nave s'inclinò e dopo affondò") e "Ele virou o copo de cachaça" (Egli "rovesciò" il bicchiere di cachaça" nel senso di "bevve tutto d'un fiato"). L'espressione "vira-latas" è utilizzata con questo significato.

Nella guida si usa "virar" con il significato di fare una curva. Esempio: "Vire na segunda rua à esquerda ("Giri alla seconda via a sinistra").

Di un libro "viramos" (giriamo) le pagine. Inoltre, quando vogliamo dire che qualcosa è passata e non tornerà più, è ormai storia passata, diciamo "isto é pagina virada no livro da minha vida" ("questa è una pagina voltata nel libro della mia vita").

Ora l'espressione "se virar" significa "dar um jeito" (cavarsela, arrangiarsi), ottenere qualcosa con mezzi informali. Un dialogo lo può esemplificare meglio:
- Pai, hoje tem prova de História e eu não estudei nada porque perdi meu caderno…
- Se vira, você não é quadrado! Dá seu jeito…
(- Papà, oggi c'è la verifica di Storia ed io non ho studiato nulla perché ho perso il mio quaderno…
- Ti arrangi, non sei quadrato! Te la cavi…)

Chi dice "se vira!" non vuole assumersi i problemi degli altri.

 

Battaglione

Questa è una curiosità che non è specifica della lingua portoghese. Si tratta di un gruppo di parole molto usate, il cui significato è tuttavia sconosciuto dalla maggioranza delle persone. Molte città hanno le loro caserme, che sono chiamate Battaglione, Compagnia, Reggimento, ecc. Sembra che non ci sia nessuna logica nè regola, ma c'è.

Un gruppo di 9 combattenti riceve il nome di GC (Gruppo di Combattimento) ed è comandato da un sergente.
3 GC formano un Plotone, che è comandato da un tenente.
3 Plotoni formano una Compagnia, che è comandata da un capitano.
3 Compagnie formano un Battaglione, che è comandato da un maggiore.
3 Battaglioni formano un Reggimento, che è comandato da un colonnello.
3 Reggimenti formano una Brigata, che è comandata da un generale di brigata (generale con una stelletta).
3 Brigate formano una Divisione, che è comandata da un generale di divisione (generale con due stellette).
3 Divisioni formano un Esercito, che è comandato da un generale dell'esercito (generale con tre stellette).
E' più o meno così...


Spazio di tempo

É comune sentire qualcuno che dice, per esempio: "Sono stato là per un breve spazio di tempo". Si capisce, ma suona strano.

É che la Fisica determina alcune grandezze fondamentali, come lo Spazio, la Massa, il Tempo, etc. Dunque lo spazio è spazio e il tempo è tempo, non c'è modo di mettere insieme le due cose, a meno che non si voglia ottenere una grandezza secondaria, cioè la velocità. Noi fisici siamo impegnati in una campagna per sostituire l'orribile espressione "spazio di tempo" con un'altra qualsiasi meno relativistica, come per esempio "intervallo di tempo".

Parlando ancora del tempo, quando voglia dire che qualcosa sarà molto rapida, che non ci metterà molto a passare, usiamo l'espressione "un attimino" o "un minutino" o anche "un momento". Se vogliamo dire che qualcosa sta quasi accadendo, possiamo per esempio dire così: "Ela está chegando agorinha mesmo" (Ella sta arrivando proprio ora) o ancora "Ela está chegando já, já".

 

 

Bunda

Una ventina di anni fa questa parola era considerata un "palavrão" (parolaccia). Oggi è relativamente accettata: si può usare il termine "bunda" fra persone dello stesso livello sociale, anche se non intime. La variazione "bumbum" è maggiormente tollerata, grazie all'evidente infantilizzazione del modo di dire. Il sinonimo educato per "bunda" è "nádegas" (natiche). Si può anche dire "traseiro" (didietro). Vediamo adesso i fatti della nostra cultura:

1) Dicono che gli americani sono ammiratori dei seni grandi. Sembra che lo siano anche gli italiani, o no? Invece i brasiliani sono ritenuti ammiratori dei sederi grandi. Questa è una eredità dei portoghesi, che ancor più di essere ammiratori, restavano praticamente ipnotizzati.

2) Ci sono pochi maniaci che sanno che "bundo" è il nome di una etnia africana, dalla quale molte donne vennero portate in Brasile come schiave. Questa etnia si caratterizza(va) per avere natiche molto, molto prominenti. Ma davvero molto!

3) I portoghesi comperando schiave preferivano le "bundas" (donne di etnia "bunda"). Sul mercato degli schiavi e delle schiave, proponendo una transazione esclamavano: "Vorrei quella bunda!". Perbacco, vedi un po' come erano sinceri...

4) A differenza degli inglesi, che non si mescolavano con i neri e gli abitanti del luogo (fino a oggi), i portoghesi si incrociavano molto con i neri e gli indios qui in Brasile, generando così questa razza dal cuore grande e che accetta tutti senza preconcetti.

5) In realtà, siccome siamo esseri umani, abbiamo sì un certo preconcetto, ma che non sfocia in violenza, aggressioni e cose del genere. Al massimo ci facciamo sopra delle barzellette. Le minoranze devono avere una grande dose di pazienza per sopportare la presa in giro. Ma è tutto qui.

 

Fulo

C'è una espressione piuttosto usata dalle nostre parti, che suona così: "Zé è "fulo" di rabbia". Oppure: "Zé è fulo". Veniamo ai fatti della lingua:

1) Le persone normali intendono "fulo" solo come una parola che dà una certa enfasi allo stato di rabbia. Deplorevole...

2) Pochissimi fra noi interpreta "fulo" come una descrizione di colore, ovvero un nero pallido o nero grigiastro.

3) Alcuni pochi maniaci sanno che "fulo" è il nome di una etnia africana, delle molte che vennero qui come schiave. Questa etnia si caratterizza(va) per avere un colore nero un po' pallido o grigio. Da qui l'espressione che risale a più di 2 secoli e ancora oggi è usata nello stesso contesto, tuttavia col suo significato ormai così spogliato del suo contenuto originale.

Véspera (vigilia)

Se cerchiamo sul dizionario, vedremo che il significato di questa parola è "il giorno immediatamente precedente a". E' così, ma è sbagliato. Mi spiego: il significato è sbagliato, ma, a forza di essere ripetuto, ha finito per essere accettato.

E' successo così. All'epoca in cui la bibbia era letta soltanto in latino, c'era un brano che diceva che durante la "vespera" Gesù aveva cenato con gli apostoli e, siccome la parola "vespera" era sconosciuta o di difficile traduzione, i meno letterati si misero a tentare di risolvere l'enigma. Siccome il giorno seguente Gesù venne crocifisso, si immaginarono che "vespera" significasse "il giorno prima di". La cosa buffa è che questa definizione errata prese piede.

Ma, alla fin fine, cosa significa allora la parola "véspera"? Semplice. In quei tempi le ore non potevano essere contate con grande precisione e pertanto erano raggruppate a 3 a 3. Il giorno era così diviso: da mezzanotte alle 3 del mattino era il "galicínio" (il gallo canta a quest'ora); dalle 3 alle 6 dell'alba era il "matutino"; dalle 6 alle 9 del mattino era la "prima" (la prima ora di lavoro); dalle 9 alle 12 era la "tercia" (terza ora di lavoro); dalle 12 alle 15 era la "sesta" (sesta ora di lavoro e tempo per un pisolino); dalle 15 alle 18 era la "nona"; dalle 18 alle 21 era la "vespera" (quando appare nel cielo la stella Vésper, cioè Venere) e finalmente dalle 21 alle 24 era la mezzanotte. Il testo biblico semplicemente informa che Gesù cenò proprio all'ora di cena, cioè fra le 18 e le 21...

 

Con K

Ecco a voi un "causo". Da queste parti, in Minas Gerais, dove la gente ama conversare amichevolmente e alla buona, abbiamo dei buoni narratori di storie. Storie brevi di questo genere sono "casi", che nel modo di parlare delle persone di campagna diventano "causo". Proverò a raccontarvene velocemente uno che ho trovato interessante.

Un giorno, durante l'orario di lavoro, ho visto che la telefonista era sul punto di avere un collasso, mentre spezzava varie volte la punta della matita discutendo con un cliente. Siccome io ero molto impegnato, sul momento ho seguito solo un po' distrattamente la questione, e ho visto che la telefonista chiamava una collega per farsi aiutare con la telefonata confusa. La confusione aumentò, al punto che il responsabile finì per venire a vedere cosa stava succedendo, seguito dal suo vice e infine anche io mi intromisi nella faccenda.

Si trattava di copiare il nome del cliente, che infine era molto semplice: Joaquim, come ce ne sono tanti. Un piccolo dettaglio, tuttavia: con la "k". Immediatamente la telefonista modificò il nome in "Joakim". Quindi ella domandò il cognome del cliente, che rispose: Kin Concá (un cognome poco comune dalle nostre parti).

Da qui cominciò la confusione: ella disse che aveva già capito che il "kim" finale si scriveva con la kappa (ka, in portoghese). No, signorina, il cliente era della famiglia "Kim" (con kappa e emme). Ma attenzione, il "Joaquim" è con la enne. Ella pensò che il Joaquim era normale (con la Q) e che solo il cognome fosse "con kappa". Ok, disse la telefonista, allora il suo nome completo è Joakim Kim cosa? Concá, rispose il cliente. E spiegò: tutto scritto con la 'c'...

Per non allungare troppo il "causo", vi lascio immaginare tutta la sequenza di fraintendimenti che si verificarono fino ad arrivare al risultato corretto: Joakin Kim Concá. Bene, per iscritto questo "causo" sembra piuttosto semplice da risolvere: alla fin fine potete ben vedere come si scrive il nome. Ma per telefono, bloccò il lavoro d'ufficio.

 

Meia

Ecco un possibile problema di comunicazione. Questa parola ha tre significati, uno dei quali è quello problematico.

"Meia" (calza) è l'accessorio che indossiamo ai piedi e che i portoghesi stranamente (una piccola provocazione) chiamano"peúgas". In Brasile, per quanto ne so, la parola "peúgas" non esiste con nessun significato.

Meia può anche significare la "metà di qualcosa". Possiamo dire, per esempio, "mezzo (meia) cucchiaio di farina".

E qui sta il problema. Quello che è capitato con alcuni stranieri che parlano già un po' di portoghese al punto di avventurarsi a comunicare al telefono, è che a un certo punto, quando ricevono un numero da annotare, possono sentire qualcosa del genere: tre, "meia", due, quattro ... e cercano di capire cosa ci faccia lì quell'inaspettato "meia". É che il "meia" sostituisce l'espressione "mezza dozzina", cioè il prosaico sei! Tutto qui...

 


Cadê?

Questa parolina significa "dov'è?"
Una mamma può domandare a sua figlia: "Cadê seu irmão?" (Dov'è tuo fratello?)
Persone meno istruite possono dire: "Quédi seu irmão?"
Questa seconda forma non si trova nei dizionari, benché sia abbastanza comune.
La sua origine è semplice. Inizialmente si diceva: "Que é feito de seu irmão?" (Che ne è stato di tuo fratello?)
Attraverso contrazioni ed elisioni questa parola è giunta alla sua forma attuale.
C'è persino un sito di ricerca con questo nome.


Latino e lingue latine

Sappiamo che il latino ha generato diverse lingue, fra le quali l'italiano e il portoghese. Ma quando è avvenuto ciò per ciascuna di queste due lingue? Quando ciascuna si ramificò dal latino e cominciò ad essere una lingua indipendente? Il calcolo è facile. Bisogna solo sapere che ogni 700 anni, il 30% delle parole di una lingua sono modificate.

Il latino non ha subito alterazioni nei periodi più recenti, in quanto non è stato più utilizzato, pertanto possiamo prenderlo come riferimento. Nei loro primi 700 anni di indipendenza il portoghese e l'italiano subirono il 30% di alterazioni, mentre il 70% delle parole restava inalterata. Altri 700 anni e del 70% che restava, il 30% venne alterato. Il 30% di 70 fa 21. Stando così le cose, dopo 1400 anni dovrebbero aver subito alterazioni il 30% più il 21% delle parole, cioè il 51%, restando appena il 49% di parole inalterate. Analizziamo altri 700 anni. Del 49% che avanzava, il 30% subisce un'alterazione. 30% di 49 fa circa 15. Cioè dopo 2100 anni sarebbero state modificate il 51% più il 15% cioè il 66% delle parole, mentre appena il 33% rimarrebbe inalterato. In pratica solo un terzo di quelle originali...

Adesso basta confrontare il vocabolario delle due lingue col latino e vedere quanta parte è rimasta inalterata in ciascuna per stimare il tempo trascorso dalla separazione...

 

Bianco o nero?

Una volta ho ascoltato questa storiella: molti secoli fa, quando in Europa le lingue non si erano ancora divise, c'era una parola il cui significato era "assenza di colore" e il suo suono era qualcosa di simile a "blãc" (nasalizzato). Questo succedeva più nel sud del continente, mentre più a nord il suono era aperto, qualcosa di simile a "blác".

Bene, nelle lingue latine, parlate più nel sud del continente, questo suono diventò il "blanc" dei francesi o il "branco" dei portoghesi, il "blanco" degli spagnoli, il "bianco" degli italiani, etc. Nel frattempo, al nord, nelle lingue sassoni, lo stesso suono pronunciato aperto generò il "black" degli inglesi.

Infine, è bianco o è nero?!

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